
Suggerisco un’idea ai responsabili delle scuole e delle facoltà di giornalismo per il primo giorno di lezione: mostrare Page One, un documentario di 92′ realizzato da Andrew Rossi e distribuito in Italia da Feltrinelli, su 14 mesi di vita dentro il New York Times, in particolare la sezione Media. Quattordici mesi tutt’altro che qualunque, durante i quali una delle istituzioni riconosciute del giornalismo mondiale ha dovuto affrontare la tempesta di Wikileaks, il taglio di 100 dipendenti, l’assalto delle nuove forme di informazione digitale (qui sotto forma di aggregatori di notizie raccolte da vari siti, incluso quello del Times ovviamente, più che di produttori in proprio), gli scandali dei plagi, il cambio di direttore.
Riuscirà il NYT a resistere? Accadrà davvero che un giorno, non molto tardi, non ci sarà più una copia cartacea di quello come di altri giornali? Queste sono le domande a cui i giornalisti, soprattutto David Carr (esperto di media digitali e vera star del documentario anche a causa della storia personale di droga e dipendenza, che Carr racconta con serenità), cercano di dare risposta. Lo fanno mostrando senza pudore le difficoltà in cui anche una grande testata, la più influente in assoluto, si dibatte: il pianto dei giornalisti appena licenziati, la perdita di credibilità e soprattutto di appeal dal momenti in cui il sito del Times è diventato a pagamento. Frasi, emozioni, considerazioni personali dal valore universale, che tracciano inevitabilmente la strada (in salita e piena di buche) verso il futuro di una professione che, da alcuni mesi anche in Italia, sta perdendo pezzi sempre più importanti. Ecco, prima di lanciarsi all’inseguimento del sogno di una vita, gli studenti di giornalismo farebbero bene a guardare che cosa può diventare il mestiere che sperano un giorno di fare.
Io stesso, comunque, non saprei dare una risposta precisa e definitiva alle domande di fondo del documentario, al di là della mia esperienza personale. Tyler Brulé, il creatore di Monocle, invece una risposta ce l’ha e sembra certa. Nell’ultimo numero del Financial Times, sul quale tiene una rubrica settimanale, The Fast Lane, ha scritto una lettera aperta al prossimo chief executive di WH Smith, una delle più vaste catene di edicole, dandogli qualche consiglio per aumentare gli affari dei suoi negozi. A cominciare da questo:
Print is not dead. Really! Why not learn to lo magazines again and broaden your range. There has been a boom in new publishing but none of it is on your shelves. WH Smith should be a place to discover new titles and not just find the expected.
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